Da una parte i numeri del Governo, secondo cui i pagamenti sono arrivati al 96% dei lavoratori, dall’altra quelli delle aziende della ristorazione, che lamentano in 4 casi su 10 mancati versamenti per la totalità dei loro dipendenti. La cassa integrazione (e, più in generale, il tasto dei finanziamenti dello Stato alle imprese in crisi), è un argomento che di questi tempi divide il Paese; tra chi l’ha chiesta e chi no, ma soprattutto tra chi l’ha ricevuta e chi sta ancora aspettando. In mezzo il Governo, che sembra muoversi a fatica nel paludoso percorso che dovrebbe portare a un aiuto per tutte le aziende e tutti i dipendenti in difficoltà.
Tanti dipendenti dei ristoranti non hanno ricevuto la cassa integrazione
Dovrebbe, perché finora non è stato così. Aggiunte le 4 settimane alle 14 ormai concluse per tante imprese, il ricorso alla cassa integrazione sarà garantito ancora un mese, in attesa della nuova finestra che si aprirà a settembre. Fin qui, però, i conti non tornano: l’Inps e il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo hanno assicurato che il 96% dei richiedenti ha già ricevuto i bonifici sul conto corrente e che ad oggi restano da pagare solo (si fa per dire) 123.542 persone.
Intanto, nelle scorse ore è spuntato un documento interno dell’Inps, secondo cui tra cassa ordinaria, in deroga e fondo d’integrazione salariale, le persone che restano da pagare sono un milione e 200 mila, vale a dire quasi 10 volte tanto rispetto alle dichiarazioni del Governo (ma tra questi potrebbero esserci anche lavoratori che si sono poi visti rifiutare il diritto di accedervi).
Aspettando che il Governo metta mano, come annunciato, alla riforma degli ammortizzatori sociali – superando anche il problema del blocco dei licenziamenti – è arrivata la decisione di coinvolgere di nuovo le regioni nella cassa in deroga. Un iter, questo, che si è rivelato lento e farraginoso nelle prime settimane di cassa integrazione e che potrebbe generare ulteriori ritardi anche in futuro. Un percorso in salita per le tante aziende della ristorazione, che in estate non prevedono di riportare i fatturati ai livelli pre-covid (al momento sono ancora dimezzati rispetto alle stagioni passate). Ad aggiungere difficoltà su difficoltà, c’è poi una postilla inserita nell’ultimo decreto che obbliga le aziende in ritardo nella presentazione della domanda, ad anticipare il denaro della cassa integrazione.
Fin qui gli scenari con i quali si stanno confrontando le aziende; ma non ci sono buone notizie neppure i lavoratori autonomi: il Ministero dell’Economia ha infatti espresso parere negativo su tutti gli emendamenti presentati al Decreto Rilancio che chiedevano includere i professionisti al Fondo perduto, altro serbatoio di aiuti messo in campo per aiutare il rilancio delle imprese. Troppo ampia, secondo il Governo, la platea dei potenziali aventi diritto, al punto da prosciugare le casse dello Stato. Dopo il bonus da 600 euro concesso per un solo mese e il mancato dialogo col mondo delle professioni associative, ora a complicare il rapporto tra la categoria e il Governo c’è dunque l’esclusione definitiva dai contributi a fondo perduto, sui quali invece contavano i circa 5 milioni di autonomi del nostro Paese.
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