Dopo il via libera alle sagre estive i ristoranti sono in subbuglio, è quasi rivoluzione. Del resto non si spiega il perché di un’apertura così “facilona” a manifestazioni che fanno proprio degli assembramenti il loro bello (o brutto…), mentre per concedere a bar e ristoranti di tornare a lavorare regolarmente sono ancora in corso battaglie che non si sa quando e come possano finire. E i catering sono ostacolati da rigide norme anti contagio, gli eventi hanno posti limitatissimi e i matrimoni ancora stentano a decollare nonostante qualche concessione.
Ristorazione contro le sagre e chi le ha consentite
I problemi legati al via libera alle sagre
Nei giorni scorsi dando la notizia del via libera ci eravamo chiesti chi garantirà il rispetto delle norme anti covid, se davvero è pensabile che sotto ai tradizionali tendoni che contengono centinaia di persone qualcuno sarà in grado di controllare se viene rilevata la temperatura di chi entra, se chi serve ai tavoli indosserà la mascherina o se fra le persone nelle lunghe tavolate comuni sarà garantito il distanziamento di un metro. Considerando il retroscena di lavoro nero e scarsa igiene che caratterizza molte sagre taricche fatte ai soli fini commerciali, avevamo definito le aperture decise dalle Regioni un insulto ai ristoranti.
La lettera a Fontana
Su questa lunghezza d’onda è arrivata alla redazione di Italia a Tavola una segnalazione di Diego Serafini, patron dell’albergo Dogana Vecchia di Civate (Lc), nella quale viene riportata una lettera che lui stesso aveva inviato alla Regione Lombardia. Nella premessa dello scritto che ci è stato consegnato, Serafini parla di «preoccupazione per il fatto che anche le nostre associazioni sono assenti; nessuno contro le sagre, nessuno contro agriturismi o b&b falsi e anche gestioni di albergatori approfittatori che hanno in questi anni affittato strutture in decadimento per lucrare con i profughi o per chiudere le loro attività cambiando nome e ragione sociale ogni 2/3 anni». Un tema quello delle sagre e della loro regolarità sul quale Italia a Tavola è sempre stata molto attenta.
L’albergo Dogana Vecchia
Questo il testo della lettera destinata al presidente Attilio Fontana
“
Buongiorno sig. Presidente,
La ringrazio per le azioni promosse per farci riaprire in tempi brevi, rispetto le ordinanze statali. Purtroppo anche con riduzione dei posti di oltre la metà delle sedie, non riusciremo a riempire e sostenere il nostro locale pubblico, soprattutto mantenendo attivi i nostri validi collaboratori sempre presenti in questi anni, i quali ci hanno permesso di ricrescere nonostante le precedenti crisi. Le affluenze non ci sono, mancano le persone, manca il denaro, manca la tranquillità di non prendere sanzioni e di non ammalarsi, manca tutto anche oltre il turismo come il business commerciale. Ordini, prenotazioni sono meteore di una stagione che finirà malissimo. Io non sono tipo da demordere, non mi ha fermato un tumore, non mi ha fermato la crisi dei primi anni 2000, ho sempre sognato con innovazioni come la sostenibilità ambientale applicata al turismo, creando un’oasi nel verde cui ospitare, purtroppo circondata da diserbanti e pesticidi. Ma la notizia del quotidiano regionale mi sta turbando ulteriormente: “Via libera alle sagre”. Di questo passo siamo destinati a chiudere definitivamente.
Di sacrifici ne ho sempre fatti, come è giusto e corretto. Una giunta deve pensare a tutto e a tutti giustamente, ma coloro che sono tartassati con la tassazione normale, e badi non parlo di quelle domenicali degli agriturismi o B&B sovente fasulli, agevolati ulteriormente in questi ultimi anni, ma senza coloro i quali che hanno anticipato fior di quattrini anche a dicembre 2019 con un reddito presunto non adeguato per le perdite del 2020, ad una media del 45% di imposte e che sono coloro che dovranno risollevare l’Italia, ebbene tutti gli altri ambienti pubblici che nel periodo estivo, soprattutto nella terra di mezzo, subivano una riduzione del lavoro del 40% per sagre vicine o 70% per eventi simili.
Le sagre sovente, anche dopo gli ultimi aiuti dati l’anno scorso, con semplificazioni e talvolta contributi, non hanno dipendenti stipendiati, non hanno utili da tassare e noi non potremo chiudere il cerchio dell’economia per pagare i debiti e fare margini che serviranno a risollevare i conti dello stato, soprattutto mantenendo tutti i nostri validi collaboratori. Mi stavo già chiedendo dove sono coloro che a Roma hanno studiato pratica aziendale applicata alla realtà, invece di perseverare nell’assistenzialismo che non porta a benefici tangibili, ma questa ripartenza regionale con le sagre in un momento che dire difficile è ottimismo, non porterà a nulla di buono.
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