Il fine, spesso, non giustifica il mezzo. E così gli intenti dei
ristoratori di
#ioapro di alzare le saracinesche nella serata di ieri nonostante i divieti alla fine sono, per la maggior parte, sono rimasti tali. E la protesta non è decollata. Alla fine hanno prevalso il buon senso e la responsabilità.
Oltre che i consigli delle associazioni di categoria, in primis Fipe (Federazione Itaiana Pubbici Esercizi)-Confcommercio e Confesercenti che, contrarie a questo tipo di iniziative, avevano messo in guarda dai rischi dell’illegalità, incluso il pericolo di vedersi ritirare la licenza. Ma ovviamente non è che non si condivida la volontà di riaprire in sicurezza, tanto che è sttao confermato per lunedì l’incontro con il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, crisi di governo permettendo, per definire «un piano per la ripartenza che tenga conto della impossibilità di programmazione visto che nessuno sa mai se il giorno successivo potrà aprire o no». E tutto questo partendo dalla dichiarazione dello stato di crisi del settore. Un’ipotesdi su cui è intervenuto anche l’ex ministro Alfonso Pecoraro Scanio per il quale servirebbe, subito un commissario straordinario per salvare il comparto ed evitare rivolte.
Anche perché non c’è tempo da perdere perché come sottolinea il vicepresidente vicario di Fipe-Confcommercio, Aldo Cursano, «Ormai è a rischio l’intero comparto, in cui operano 1,3 milioni di addetti, gran parte giovani e con una componente di donne dominante. Occorre dare subito una prospettiva. Chiudiamo il 2020 con 40 miliardi di minor fatturato. Di fronte ad un danno di questa portata, abbiamo ricevuto ristori per quasi 2,5 miliardi. Sono assolutamente inadeguati e quasi offensivi se considerati esaustivi e non un acconto rispetto al dovuto. Bisogna salvare le imprese».
Pochi i ristoranti e i bar aperti dopo le 18 per protesta
Tra proteste pacifiche, flash mob e “ribelli”
Ed è proprio questo senso di incertezza che sta esasperando i ristoratori e che fa scattare la scintilla. Se, come a Pavia, si è trsformata in una protesta pacifica e apolitica che ha visto scendere in piazza accanto a ristoratori come Paola Tronconi e Carlo Edoardo Verri anche il sindaco Fabrizio Fracassi, in altre parti è però diventata rabbia, che seppur giustificata, diventa cieca e non porta a nulla.
Poche le adesioni a #ioapro
Per fortuna così non è stato e, nonostante la disperazione di un comparto in ginocchio, da Padova a Firenze, da Foggia a Verona fino a Milano, gli appelli alla disubbidienza hanno raccolto più adesioni simboliche che di fatto. Così se da Umberto Carriera, il ristoratore di Pesaro che ha dato il via alla disobbedienza, ieri si è presentato anche Vittorio Sgarbi pwe il resto c’è sttao il deserto. C’è chi come Momi El Hawi, tre ristoranti a Firenze, aveva dichiarato di aver preso prenotazioni per 300 coperti, ma poi non ci sono state le conferme… E così in gran parte dell’Italia.
Anche se Carriera non ha intenzione di mollare: «Questa sera il ristorante sarà di nuovo aperto, malgrado il provvedimento di chiusura di 5 giorni e la multa non ci fermiamo – afferma all’Ansa – Noi tiriamo dritti per la nostra strada, tanto se ci sospendono l’attività per 30-90 giorni cosa cambia rispetto ad oggi che lo Stato ci impone la chiusura? E se poi ci chiuderanno sarà esattamente la fine che faremo se continuiamo a rispettare i decreti del governo».
Molti peraltro i flash mob: a Brescia i ristoratori hanno ad esempio imbandito tavole in piazza. C’è stato chi ha solo acceso le luci, come lo storico Don Lisander a Milano. O chi ha servito a tavola, ma solo i propri dipendenti. Chi ha offerto prosecco d’asporto, come Crusco’s a Potenza. Ma sempre solo situazioni sporadiche, tanto che non sono stati fatti nemmeno grandi controlli da parte delle forze dell’ordine, forse anche per non esasperare la situazione.
Chiusa la locanda frequentata dalla prima vittima italiana del Covid
Fra i pochi intefventi sanzionatori, quello di Vo’ Euganeo, dove durante i controlli dei Carabinieri è stata chiusa la Nuova Locanda al Sole di Vo’ Euganeo, il bar frequentato dalla prima vittima italiana del Covid, Adriano Trevisan.
A Roma vigili non intervengono
A Roma, invece, la prima sera della protesta #ioapro è passata senza multe né interventi delle forze dell’ordine. I vigili hanno controllato la situazione a distanza e al “Fuoco e Farina” di via Valsavaranche e all’Habitue di via dei Gordiani, dove si è presentato anche Maurizio Gasparri per sostenere la protesta dei ristoratori, i clienti si sono seduti e hanno cenato senza nessuna sanazione. Ma anche qui si stratta proprio di casi unici e isolati.
Ma ora? Con i nuovi colori e le nuove strette cosa succederà a un eventuale secondo giro di proteste? È evdoente che la misura è colma e che l’esasperazione può accendere miscele esplosive. Anche perchè la prospettibva è che si debba restare chiusi magari ancora due mesi e intanto però ripartono le crociere, il che sembra a molti ristoratori e albergatori una vera e propria provocazione.
Il punto vero è che dal Governo non arrivano risposte se non promesse o continui rinvii di interventi strutturali seri. Alle associazioni di categoria (Fipe e Confeserfcenti) e ai sindacati dei lavoratori è affidato oggi più che mai il compitop di costringere il Governo a cambiare passo. In alternativa ci sarebbe solo il caos e il disastro sociale. Vedremo se Conte, oltre alla conta dei senatori per restare al Governo. dedicherà finalmente un po’ di attenzione a queste imprese.
Cursano: All’incontro con spirito costruttivo, ma vogliamo risposte
E proprio dalla Fipe arrivano idee chiare su come il governo, soprattutto in fatto di Ristori, si debba muovere: «L’iniziativa #ioapro è stata un flop – ha affermato Cursano – Non è stata sostenuta dalle nostre categorie, che hanno seguito un atteggiamento di responsabilità e di legalità. Condividiamo le ragioni della protesta ma non il metodo: c’è differenza tra un “mi piace” sui social e la realtà, e questa iniziativa avrebbe esposto aziende e clienti a rischi estremamente pesanti. Il ruolo delle associazioni di categoria è di proteggere e rappresentare e non di usare mal di pancia e drammi. Le persone vanno aiutate e sostenute con responsabilità. Non si può usare la disperazione delle persone per infrangere la legge. Bisogna sostenere le imprese, tenendo al centro la salute e la sicurezza, e programmare il 2021 che dia prospettive».
«Bisogna aumentare i ristori, rapportandoli alle perdite effettive subite e calcolandoli su base annuale – continua Cursano – E considerare quanto già dato un acconto. Altrimenti saremo tecnicamente falliti».
Ma non solo per Cursano serve anche un intervento per «riparametrare ogni fonte di costo, partendo dalle locazioni e finendo alla fiscalità, rispetto alla nuova situazione economica. Se i costi continuano ad essere al 100% e le entrate al 20-30% non si può reggere. Occorrono un patto e un progetto Paese. Andremo all’incontro di lunedì con spirito costruttivo, ma abbiamo bisogno di risposte e di prospettive, e senso di responsabilità».
«Ormai stiamo assistendo all’agonia delle nostre aziende, non possiamo più accettarlo. L’obiettivo è di salvare le imprese – ripete il vicepresidente di Fipe – Il 2020 è stato annus horribilis, bisogna rispondere in modo straordinario. Allo stesso tempo bisogna progettare la ripartenza del 2021 mettendo in piedi dei principi: i locali che sono nelle condizioni di far consumare in assoluta sicurezza, cominciamo a farli partire. Diamo segnali piccoli di ripartenza. Noi vogliamo vivere del nostro lavoro, non di sussidi e mancette».
Pecoraro Scanio: Subito un commissario straordinario
Per Alfonso Pecoraro Scanio serve subito un commissario straordinario per salvare il settore ed evitare rivolte: «Serve un commissario straordinario ad hoc per i provvedimenti di restrizioni e di ristoro relativi a bar e ristoranti. Questo settore, insieme al turismo, spettacolo e sport sono un’emergenza nell’emergenza. Coinvolge centinaia di migliaia di operatori ed è capillarmente diffuso ovunque. Si rischiano vere rivolte oltre al crollo di un intero settore e all’infiltrazione di mafie italiane e internazionali».
Per l’ex ministro «occorre definire le restrizioni quando davvero indispensabili per ragioni sanitarie e nelle aree di effettivo rischio, creare un sistema di riduzione di costi fissi e di veloce arrivo dei ristori e attivare le prefetture per un aiuto diretto nei casi più disperati e di rischio di infiltrazioni criminali. È grave lo sciacallaggio di chi butta benzina sul fuoco della disperazione dimenticando la gravità dell’emergenza sanitaria in atto ma sarebbe irresponsabile sottovalutare l’autentica prostrazione di un intero settore economico che si sente abbandonato o peggio perseguitato. Serve la dimostrazione concreta di un ‘attenzione e di un’azione specifica».
Tni-Tutela Nazionale Imprese: Noi apriamo solo in sicurezza
Una attenzione che oltre 8mila ristoranti hanno cercato di attirare con il flash mob #ioaprosoloinisicurezza. Treviso, Firenze, Pisa, Salerno, Ravenna, Palermo: in tutto lo stivale gli imprenditori del mondo Horeca hanno acceso le luci e gli impianti stereo e si sono messi a tavola con i loro dipendenti, per una sera nelle vesti di clienti.
«Un’iniziativa per ribadire che i nostri locali sono sicuri e che il virus non distingue tra pranzi, cene, giorni feriali e festivi» ribadisce Pasquale Naccari, portavoce di Tni-Tutela Nazionale Imprese e di Ristoratori Toscana, due tra le associazioni che hanno lanciato il flash mob, promosso insieme a Acs Associazione Commercianti per Salerno, Aios Palermo, Ristoratori Liguria, RistorItalia, Ristoratori Emilia Romagna, Ristoratori Lombardia, Ristoratori Veneto, Ristoratori Lazio, Ristoratori Campania, Ristoratori Puglia, Ristoratori Trentino, Ristoratori Sicilia, Veneto Imprese Unite.
«Comprendiamo la disperazione dei colleghi, perché c’è gente che non riesce nemmeno più a fare la spesa, ma la via giusta è sempre quella di rimanere nei confini della legalità – continua Naccari -. Ricordiamo che aprire i locali infrangendo le regole fa andare incontro a sanzioni pesanti, fino al ritiro della licenza». Tni vuole essere dalla parte delle leggi.
«Abbiamo organizzato questa protesta per ribadire che siamo imprenditori responsabili, sempre dalla parte della legge – continua Naccari -. Vogliamo però conoscere, come spiegato nelle lettere inviate ai prefetti, le prove scientifiche alla base delle misure estremamente restrittive nei confronti dei pubblici esercizi. Chiediamo indennizzi sufficienti per poter coprire tutte le spese vive che sosteniamo. Ad oggi, infatti, quelli ricevuti si attestano in media al 3,3% del fatturato annuo. Sarebbe importante, inoltre, che il Governo iniziasse a prendere in considerazione le startup e tutte quelle attività che sono state dimenticate da tutti i decreti. La nostra battaglia a tutela del mondo Horeca continua».
L’avvocato Angelo Vassallo del foro di Palermo, vice presidente Aios, spiega che «gli esercenti che aprono quando non è consentito rischiano di sommare al grande danno che stanno subendo per le restrizioni un danno che potrebbe essere potenzialmente superiore a quello già subìto». Sono previste infatti sanzioni da 400 a mille euro, chiusura del locale da 5 a 30 giorni e, se si continua nelle aperture, il rischio di essere imputati per reato di epidemia colposa, con reclusione da uno a 12 anni.
Già perché, in fondo, il grido di allarme di tutti i ristoratori è «vogliamo solo lavorare» o essere aiutati, qualora non potessero al momento farlo, per avere in futuro, finito l’emergenza, la possibilità di riaprire davvero.