Ristoranti e bar
italiani sono in subbuglio dall’inizio della pandemia da
coronavirus, sia per l’impossibilità di lavorare (arci-discussa) sia per gli aiuti concessi dallo
Stato, che secondo gli imprenditori sono poco più che mancette poco utili.
Polemiche, proteste, manifestazioni, reclami, incontri si sono susseguiti fino ad ora ma a poco sono serviti per convincere il Governo a tendere la mano verso questo settore. Ma negli altri Paesi europei come viene trattata la stessa categoria? La Fipe/Confcommercio ha offerto una panoramica comparando le decisioni prese dall’Italia con quelle degli altri Paesi Europei in quella che è stata ribattezzata seconda ondata verificatasi nel periodo da novembre 2020 ad oggi.
Il succo del discorso è che anche all’estero sono state prese misure restrittive molto simili, ma ciò che cambia e che quindi cambia anche l’umore degli imprenditori è che fuori dall’Italia gli aiuti e le facilitazioni fiscali ci sono state, eccome.
La panoramica europea dei locali
In Europa chiuso il 90% dei locali da novembre a oggi
Fipe/Confcommercio evidenzia che il 90% dei pubblici esercizi d’Europa è stato obbligato alla chiusura (in Paesi come Germania, Francia, Regno Unito, Austria, Belgio e Irlanda è tuttora in vigore la chiusura totale eccezione fatta per l’asporto, mentre in Germania e Belgio è vietato anche il delivery), mentre il restante 10% opera con restrizioni orarie.
Gli affitti
Primo tema (bollente in Italia) quello degli affitti. La Germania non è intervenuta, la Francia ha puntato sul credito d’imposta, pari al 50% dell’ammontare del canone, per il solo novembre 2020, mentre in Italia, sottolinea la Fipe/Confcommercio, è stato messo sul piatto il credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone per i mesi da ottobre a dicembre 2020, e la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili (sfratto) anche a uso non abitativo.
Sgravi fiscali
La Germania è intervenuta invece sugli sgravi fiscali. I ristoratori tedeschi contano sulla riduzione dell’Iva, per i ristoranti, sulla sola parte food, da luglio a dicembre 2020 dal 19% al 5%, da gennaio a giugno 2021 dal 19% al 7%. Diversa la strategia francese: i ristoranti hanno ottenuto il differimento delle scadenze fiscali e il rinvio o la sospensione dei pagamenti mensili dell’imposta sugli immobili (su richiesta), mentre in Italia sono stati adottate l’esenzione dal pagamento dell’Imu per il secondo semestre 2020, la sospensione del pagamento delle imposte, e l’esenzione dal pagamento di Cosap e Tosap (in sintesi, le tasse sul suolo pubblico).
Prestiti dello Stato
Altra sostanziale differenza quella dei prestiti garantiti dallo Stato: in Germania la misura, per tutti, è quella di prestiti con garanzia dall’80% al 100% a seconda del finanziamento, in Francia dal 70% al 90% (con massimale di 10mila per imprese con men odi 10 dipendenti, di 50mila fino a 49 dipendenti, e sul fatturato di 3 mesi per le altre imprese), mentre in Italia c’è la garanzia dello stato al 100% su prestiti fino a 30mila euro, del 90% fino agli 800mila euro, e fino all’80% per importi fino a 5 milioni di euro e del 70% per quelli superiori.
Per gli italiani anche il Fondo Filiera Ristorazione, fino ad un massimo di 10mila euro a fondo perduto, e, alcuni, del cosiddetto “bonus centri storici”, cioè un contributo a fondo perduto per attività economiche e commerciali nei centri storici a parziale compensazione delle perdite registrate nel mese di giugno 2020 sul 2019 fino a un massimo di 150mila euro.
Ristori a fondo perduto
Cambiano gli scenari sui ristori a fondo perduto. La Germania è un modello con le imprese che hanno potuto optare su contributo calcolato sulla base della perdita di fatturato per i mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre 2020 sul mese rispettivo del 2019 (se più del 70% per il 90% dei costi fissi, se compresa tra il 70% e il 50% pari al 60% dei costi fissi, se compresa tra il 50% e il 30% pari al 40% dei costi fissi), o, in alternativa, a ristori fino al 75% del fatturato dei mesi di novembre e dicembre 2019. In Italia, invece, è stato assegnato un contributo pari al 20% della perdita di fatturato di aprile 2020 su aprile 2019 moltiplicato per i seguenti coefficienti: il 150% per i bar (200% per quelli delle zone rosse o arancioni), 200% per i ristoranti, 400% per le discoteche, ed un contributo pari al 100% di quanto avuto con il ristoro di maggio fino ad un massimo di 150.000 euro.
Più complessa la situazione in Francia dove per le imprese soggette a obbligo di chiusura al pubblico, è stato previsto fino a un massimo di 333 euro per ogni giorno di chiusura commisurato alla perdita di fatturato (escluso il fatturato da take away e delivery) settembre e ottobre 2020, fino ad un massimo di 10mila euro commisurato alla perdita di fatturato (escluso fatturato da take away e delivery) di novembre 2020, ed un contributo fino a 10mila euro o in alternativa a compensazione sul 20% fatturato di dicembre 2019 o su quello mensile medio del 2019 fino a un massimo di 200mila euro dicembre 2020.
Per le imprese situate nelle zone soggette a coprifuoco notturno, come successo a ottobre 2020, è stato previsto un contributo fino a 10mila euro in relazione alla perdita di fatturato comunque superiore al 50%, mentre per quelle fuori da queste zone, è stato assegnato un contributo fino a 1.500 euro per perdita di fatturato tra il 50% e il 70%, e fino a 10.000 euro e comunque nel limite del 60% del fatturato mensile del 2019 per perdite superiori al 70%.
Cassa integrazione per tutti
Cassa integrazione come scelta comune in materia di ammortizzatori. Ma differenti le norme sulla previdenza: in Germania, per esempio, si è optato sul rimborso per le prestazioni di previdenza sociale, in Francia per l’esenzione ed il differimento del pagamento dei contributi previdenziali, mentre in Italia per la sospensione ed esenzione del pagamento dei contributi previdenziali.