Per ogni manifestazione di piazza ci sono gli organizzatori che gonfiano il numero di partecipanti (a volte fino a 3-4 volte la capienza massima di una piazza) e poi c’è la Questura che ridimensiona. Ma al di là dei numeri, salvo che si tratti di un “vuoto”, ciò che conta è il problema, il tema della protesta. E questo è quanto è puntualmente accaduto nei giorni scorsi con l’apertura serale dei locali da parte di chi aderiva a #ioapro. Nata da un passaparola sui social, la protesta ha raggiunto un po’ tutta Italia e, al di là di quanti hanno rischiato multe o sospensioni dell’attività (poche in realtà), ha rappresentato un fortissimo segnale civile – anche se “illegale” a norma di codice civile – dell’esasperazione di una categoria che, insieme al mondo della cultura e del tempo libero, ha finora pagato il prezzo più alto dell’incapacità delle istituzioni di affrontare con rigore e serietà la pandemia.
E i politici, salvo qualche tentativo di strumentalizzazione delle aperture serali, non hanno detto nulla. Non gli è sembrato vero di poter fare come lo struzzo e mettere la testa sotto la sabbia facendo finta di nulla. Stavolta l’occasione era la crisi di governo, ma è significativo che nessun Ministro, da Patuanelli a Speranza, abbia avvertito il dovere di dire qualcosa, fosse anche solo per contestare una protesta contro le norme sul contenimento dei contagi.
Del resto per il Governo, senza nessuna prova scientifica, è sempre stato più facile chiudere bar e ristoranti che non affrontare il tema drammatico dei mancati interventi sul sistema dei trasporti pubblici, fra le principali cause dei contagi insieme all’iniziale rilassatezza sull’uso delle mascherine. In qualche Dpcm Conte è arrivato al punto di imbrogliare i cittadini rifacendosi ad inesistenti indicazioni degli scienziati, chiudendo i pubblici esercizi e cercando così di deviare l’attenzione dell’opinione pubblica dall’inconsistenza delle misure prese in un continuo barcamenarsi giorno per giorno, rinviando di fatto i problemi.
Da quasi un anno a questa parte abbiamo assistito ad un gioco al massacro che non può essere giustificato col fatto che anche negli altri Paesi si sono chiusi bar e ristoranti. In pochi Paesi sono stati infatti adottati protocolli di sicurezza come quelli italiani, né vi è mai stato uno studio scientifico che dimostrasse la presenza di focolai nei locali. In Italia esisteva un problema legato alla movida e ai locali della notte troppo affollati. Ma questa situazione andava affrontata con rigore dall’inizio (senza riaprire ad esempio le discoteche) e facendo controlli a tappeto con sanzioni drastiche fino alla sospensione delle licenze. Ma per il lassismo delle nostre istituzioni e per l’evidente ricerca di un consenso elettorale (si votava a settembre), si è preferito dare un po’ di carote e poi bastonare tutti i pubblici esercizi.
E che dire del sostanziale disinteresse della politica (di ogni colore) verso imprese per lo più piccole e famigliari, dove il “cassetto” non si riempiva di incassi ma solo di fatture, bollette e tasse da pagare. Fra queste, la cosa più scandalosa, anche quelle dei Comuni sulla raccolta rifiuti (fra le più alte d’Europa), pur essendo i locali impossibilitati a creare rifiuti perché chiusi per decreto. E qui poco cambia che le amministrazioni siano di destra o di sinistra… Aggiungiamo le banche che non si fidano delle garanzie dello Stato sui prestiti, i Ristori che arrivano col contagocce o la cassa integrazione che ancora oggi è in ritardo.
C’è da stupirsi che finora i gestori e i dipendenti non abbiano fatto iniziative di protesta ben più decise. E in questa prospettiva #ioapro (di cui non condividiamo il metodo) potrebbe avere spalancato la porta a qualcosa di imprevedibile oggi. La rabbia e la delusione montano e se le istituzioni non interverranno in fretta c’è il rischio di nuove esplosioni che potrebbe sfociare anche in anarchia. Il senso di responsabilità finora dimostra dalle associazioni rappresentative di questo mondo (Fipe e Confesercenti in primis) potrebbe anche finire qui. Se decidessero di smettere il confronto duro e serrato che ha finora garantito quel minimo di ristori e cassa integrazione ottenuti, le istituzioni si troverebbero davvero senza rete e forse si porrebbe realmente un problema di tenuta sociale del Paese. Ma tutto ciò dipende solo dai politici che in questo momento stanno dimostrando il peggio di sé con questa assurda crisi di governo.