Ristori, sostegno ai dipendenti, fisco, liquidità. Nelle 13 cartelle del documento sanitario presentato da Fipe-ConfCommercio e Fiepet-Confesercenti al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli c’è una sorta di road map per uscire dalla crisi in cui le chiusure, spesso senza ragione, hanno sprofondato i pubblici esercizi. Oltre che una preziosa analisi sullo stato del comparto e su proposte tecniche per la ripresa, questo documento contiene una vera e proprio sfida che i rappresentanti di bar e ristoranti lanciano al governo: rafforzare i protocolli di sicurezza (già i più alti in Europa), ascoltare il parere degli scienziati e cominciare a riaprire anche la sera nelle zone gialle e almeno di giorno in quelle arancio quei locali che per superficie e garanzie possono essere considerati “sicuri”. All’incontro erano presenti anche i sindacati dei lavoratori Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, a conferma della più ampia rappresentatività del comparto. Aspetto non certo trascurabile nel momento in cui in tanti pensano di rappresentare queste imprese.
Il tutto ponendo con forza sul tavolo la questione (lanciata per primi da Italia a Tavola) di una priorità alle vaccinazione di tutti gli addetti dei pubblici esercizi e prevedendo, con la giusta gradualità, un passaporto dei vaccinati per frequentare liberamente i locali covid free.
Turismo e ristorazione, scelte di responsabilità
Una scelta di grande responsabilità che Fipe e Fiepet hanno fatto, ben sapendo che alcuni locali non potrebbero magari entrare in questa prima partita di aperture, ma che allo stato attuale è l’unico modo di rimettere in attività aziende da cui dipende anche il futuro della filiera agroalimentare di qualità e un minimo di turismo interno. Di fatto la categoria (che rischia la chiusura a breve di 50/60mila imprese, con conseguenze drammatiche anche per quanto attiene ai livelli occupazionali) si è dichiarata disponibile «a rafforzare i protocolli sanitari già adottati e rispetto ai quali i controlli eseguiti dalle autorità competenti hanno già dimostrato l’efficacia».
Non dimentichiamo che non c’è un solo studio scientifico che attesti l’esistenza di focolai significativi nel mondo dei pubblici esercizi, anzi. E per dare garanzie a tutti, Fipe e Fiepet propongono di «istituire con il coordinamento del Ministero dello Sviluppo Economico un tavolo di confronto con le categorie e le istituzioni competenti (Ministero della Salute, Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile), per definire gli eventuali adeguamenti dei Protocolli già in essere e permettere, anche alla luce della campagna vaccinale in corso, la riapertura delle attività».
Il valore vero della rappresentaza e dei suoi doveri
Ed è proprio qui che si avverte il senso di responsabilità, ma anche l’estrema concretezza con cui i sindacati di categoria vogliono sbloccare la questione “aperture” per dare un senso reale alla rappresentatività vera che impone un confronto serrato con le istituzioni evitando di cadere nelle proteste più o meno spontanee, ma inconcludenti. Nessuna azione autonoma o indiscriminata, che aprirebbe conteziosi e creerebbe solo allarmi sociali.
Disponibilità del Minsitro. Verso un commissario straordinario
Fipe e Fiepet insistono sul fatto che per quanto riguarda la somministrazione di alimenti e bevande, «è del tutto ingiustificato assimilare attività diverse a medesime restrizioni non distinguendo le imprese in base alle caratteristiche strutturali dei locali e alla tipologia di servizio reso». E da qui partono proposte concrete su cui il ministro si è impegnato a convocare il tavolo di confronto con il Cts e il ministero della Salute (come richiesto dalle associazioni) per arrivare ad un progetto di riapertura in sicurezza. Patuanelli ha anche condiviso l’ipotesi di un commissario straordinario che gestisca lo stato di crisi del comparto, e ha confermato lo stanziamento di ulteriori ristori perequativi e progressivi, rapportati alle perdite di fatturato dell’intero anno 2020, mentre per l’esercizio 2021 si procederà inizialmente riprendendo le vecchie modalità utilizzate per gli indennizzi a fondo perduto.
Regole diverse per locali diversi
Come dire: non tutti i locali sono uguali e non tutti possono in effetti garantire margini di sicurezza verificabili e certificabili. Pensiamo solo a ristoranti con ampi spazi e possibilità di distanziare i tavoli, o al contrario a bar col solo bancone in ambienti piccoli. È evidente che si tratta di situazioni diverse e che al momento potrebbero prevedere tempi di riapertura differenziati e scaglionati nel tempo in base al diminuire della pandemia. Non si tratta certo di “sacrificare” qualcuno, ma solo di permettere a chi supera dei parametri oggettivi di poter riaprire, concentrando invece su chi è costretto a rimanere chiuso gli aiuti di sostegno. E per chi dovesse imbrogliarem aggiungiamo noi, basterebbe prevedere sanzioni rigidissime fino alla cancellazione della licenza.
E del resto non dimentichiamo che dei ristioranti oggi sono attivi comunque, indipendentemente dalla fascia di colore della regione, sono quelli degli hotel, che lavorando solo per gli ospiti possono mantenere distanze e sicurezze. Ampi spazi e prenotazioni (nonchè il numero limitato dei coperti già previsto da alcuni Dpcm) permettererebbero di riapire in sicurezza a moltissimi ristoranti. Una volta accettato questo meccanismo, basato su livelli di assoluta garanzia, si deve subito poter riaprire e con nuove modalità. La proposta di Fipe e Fiepet è di consentire nelle “aree gialle” il servizio serale nei locali dove la somministrazione può avvenire con un «adeguato distanziamento e attraverso l’adozione di modalità gestionali più accorte (es. prenotazione obbligatoria, rilevazione temperatura all’ingresso, pagamenti solo elettronici etc.).
Lino Stoppani (Fipe) e Giancarlo Bancheri (Fiepet)
Sbloccare il lavoro anche nelle zone arancioni
Al tempo stesso va sbloccato il lavoro nelle “aree arancione”. «È incomprensibile – si legge nella proposta dei sindacati di categoria – l’impossibilità di operare, almeno nelle ore diurne, ai pubblici esercizi che risiedono nelle c.d. “aree arancioni”, perché sarebbero gli unici esercizi a rimanere chiusi in un contesto economico in cui tutte le attività commerciali restano aperte». In proposito si aggiunge che «in queste aree, stante la mancanza di qualsivoglia restrizione alla mobilità dei cittadini all’interno del comune di residenza», la chiusura di bar e ristoranti (in regola con i nuovi protocolli sanitari) determina la totale assenza di servizio per milioni di consumatori.
«Anche in questo caso, almeno nei locali a più ampia metratura, chiediamo la riapertura delle attività a fronte di Protocolli anche più stringenti» ricordano unitariamente Lino Stoppani e Giancarlo Banchieri, presidenti di Fipe e Fiepet. E del resto che senso ha chiudere i ristoranti per la cena quando nei supermercati e sui treni c’è la folla? Almeno nelle aree gialle e arancioni i pubblic esercizi dovrebbero essere paragonati ai negozi, offrendo fra l’altro servizi importanti allo shopping. Quindi se si aprono le une si devono aprire anche le altre.
Assurdo lo stop all’asporto dei bar la sera
E sempre in merito alla questione “orari”, i sindacati dei pubblici esercizi fanno presente come sia assolutamente sbagliato e anzi dannoso il divieto di asporto per i bar dopo le 18.00. «Non ha in alcun modo risolto il problema degli assembramenti – dicono Fipe e Fiepet – mentre ha solamente spostato l’acquisto di bevande e prodotti dalle attività forzatamente chiuse ai cosiddetti “minimarket” e alla grande distribuzione. E gli assembramenti o le feste si fanno comunque…».
Vaccino come speranza, operatori tra le priorità
A livello più generale, e di prospettive, i rappresentanti dei pubblici esercizi italiani affrontano anche il tema della campagna di vaccinazione che dicono di seguire con fiducia e speranza. Anzi, anche in questo caso rilanciano sul piano della responsabilità chiedendo al Governo di prevedere l’inserimento degli operatori del comparto tra le «figure professionali alle quali assegnare priorità nella somministrazione dei vaccini, espletate le operazioni di vaccinazione per le professioni sanitarie e soggetti più a rischio.
Inoltre, per favorire la graduale ripartenza in sicurezza, andrebbe previsto un passaporto per i vaccinati che permetta loro la libera circolazione e frequentazione nelle nostre attività di pubblico esercizio». Una proposta che nella direzione che per prima Italia a Tavola ha posto come centrale in vista di una ripresa del turismo che, in quasi tutto il mondo si baserà proprio sui certificati di covid free.
Tutto questo, ovviamente, richiede tempo e una gestione attenta a non a lasciare indietro nessuno, ma non si può pensare ulteriormente di andare avanti con questi go and stop. Anche perché i ristoranti e i bar hanno accumulato almeno 160 giorni di chiusura, mentre altre categorie come l’intrattenimento e il catering sono, di fatto, chiusi da un anno. Tutto questo nonostante siano stati adottati i protocolli promossi Istituzioni con onerosi investimenti a carico delle imprese. Non si può negare che questo sia il comparto a cui si è imposto il sacrificio sociale di pagare il costo per il contenimento della pandemia, generando inoltre fenomeni di dumping commerciale, a prescindere dagli effettivi rischi di diffusione del contagio da parte del settore.
Aldo Cursano
Bisogna cambiare comportamenti e regole
«Tornare tutti al lavoro e tirare avanti fino alla ripresa con ristori adeguati e, soprattutto, con una revisione profonda di costi di gestione (affitti, utenze, lavoro), tasse e imposte, da riparametrare sui nuovi livelli di ricavi e non su quelli passati. Che, forse, uguali non torneranno più». Il vicepresidente vicario della Fipe, Aldo Cursano, così sintetizza così le richieste che le associazioni di categoria hanno presentato.
«La politica – ha aggiunto Cursano – non solo gestisce poco e male la crisi scatenata dalla pandemia, non sta neppure progettando come dovrebbe la ripresa. Tocca farlo da sole alle imprese, le nostre come quelle di tutti gli altri settori. Per questo siamo tornati dal Ministro per ribadire le nostre richieste, che servono a dare un futuro al comparto, all’occupazione e ai servizi che garantisce».
«Serve ingranare una marcia diversa – concludono Fipe e Fiepet – che inverta la stessa impostazione di principio riservata in questi mesi al settore dei Pubblici Esercizi, vittime di un rating reputazionale massacrato dalle insinuazioni sulla sicurezza e dalla classificazione di attività “non essenziali. Le nostre imprese non sono interruttori, ma da sempre tengono accesa la luce in tutto il Paese: oggi meritano questo rispetto».