L’effetto covid sta svanendo? Forse, lo dicono gli esperti da un punto di vista scientifico e ora lo dicono anche le indagini turistiche da un punto di vista psicologico dal momento che l’Enit ha rilevato come gli italiani che andranno in vacanza non si accontenteranno di una sola “finestra”, ma di ben due. Tuttavia Confindustria Alberghi denuncia ancora un “fermo” delle prenotazioni con conseguente contrazione rilevante dei prezzi che affossa ancor di più le (poche) strutture aperte.
Partiamo dalle note positive.
Del 47,5% di italiani che partiranno in estate, la maggior parte quest’anno resta in patria (83%) mentre il 6,9% andrà all’estero ed il 3% andrà sia in Italia che all’estero.Ma il turismo post covid subirà un cambiamento radicale anche da un punto di vista dei periodi scelti per partire. I viaggi si allungano fino ad ottobre, distribuendo così i flussi su periodi normalmente di bassa stagione. Sceglierà quel periodo “sicuramente” il 17,9% dei pluri-vacanzieri a cui si aggiunge chi lo farà “probabilmente” pari al 46% di chi trascorre più di un soggiorno. Si parte con la famiglia (40,2%), e in coppia (46,2%) mentre solo il 16,1% sceglierà di viaggiare con gli amici. Enit ha interrogato un campione significativo di italiani, oltre 3mila sull’intenzione di andare in vacanza nel periodo dal 21 giugno al 10 ottobre e addirittura c’è chi se ne concederà ben due (il 41,4%), a fronte di un 27,5% che non potrà dedicarsi un momento di pausa.
È indeciso invece un italiano su quattro: il 25% di popolazione ancora non riesce a scegliere se organizzare o meno spostamenti. Il 73,5% dei vacanzieri italiani partirà, quindi, tra fine giugno e agosto, mentre il 26,5% sceglierà settembre/ottobre. Per tutti però il mordi e fuggi sarà uno dei trend della stagione estiva: la “gita fuori porta” resta irrinunciabile, nonostante la congiuntura economica. Il 34,4% ne farà poche, due o tre in tutta l’estate mentre il 27,5% non crede di potersele concedere. In compenso uno su dieci (il 10,9%) è sicuro di dedicare ogni weekend al viaggio mentre il 21,1% si concederà la gita fuori porta ogni 2 settimane.
Per la vacanza principale molto richieste le abitazioni private e le case vacanze: il 16,5% dei vacanzieri alloggerà in albergo preferendo dal 3 stelle in su, mentre una quota complessiva del 36,3% di turisti si recherà nelle abitazioni private: il 16,1% in appartamenti in affitto, il 10,4% ospite da amici e parenti, il 9,8% nella propria abitazione di vacanza. Seguono i B&B (8,9%) e i villaggi turistici (6,3%) e l’agriturismo (5,2%).
Il 32,8% si concederà fino a 10 notti, il 26,4% anche di più. Soggiorni inferiori a una settimana per il 17,4% che trascorrerà una vacanza da 4 a 6 notti, e per il 10,4% che farà soggiorni brevi da 3 notti o meno. Per chi resta in Italia le principali destinazioni dell’estate in testa sono Puglia (12,4%), Sicilia (11%), Toscana (10,6%), un podio che stacca le altre località in Trentino Alto Adige (7,2%), in Sardegna (6,5%) ed Emilia Romagna (6%). Chiudono la Top10 il Veneto (5,8%), la Liguria (5,7%), la Campania (5,1%) ed a pari merito la Lombardia e la Calabria (4,9%). All’estero gli italiani sceglieranno l’Europa Mediterranea (37%), il nord Europa (29%) e l’Europa dell’Est (12,7%). Tra coloro che andranno in località extraeuropee il 6,9% negli States, il 3% in Cina e Asia, il 2,7% nell’America Latina, lo 0,8% in Canada e lo 0,2% in Russia.
Parola d’ordine outdoor: oltre la metà dei vacanzieri italiani quest’estate sceglierà il mare (59,8%), o comunque la vacanza naturalistica (30%). Seguono le scelte di montagna (25,6%) ed il relax (25,5%) mentre per il 23,2% il soggiorno estivo è motivo di esperienza culturale. Tra le altre motivazioni di soggiorno rilevanti, la vacanza enogastronomica (13,6%) e quella esperienziale del territorio (11,2%), il turismo termale (10,1%) sportivo (6,9%) e d’avventura (6,8%). Ancora a seguire il soggiorno al lago (4,5%), il turismo rurale (3,8%) e la vacanza zaino in spalla (3,7%).
Dall’estero, che rappresenta un bacino fondamentale per il mercato italiano e dal quale non stavano arrivando buone notizie, appaiono invece i primi segnali positivi di voglia di vacanza in Italia: stop al calo delle prenotazioni aeroportuali dal 1° giugno al 19 luglio (complessivamente stabili al -91,4%): in particolare, la Germania passa da -88,4% a -86,1%, e la Francia da -86,6% a -83,4%, i Paesi Bassi da -84,6% a -80,6%, la Russia da -91,2% a -90,4%.
Le note ancora dolenti.
A fronte di queste stime però c’è un presente che ancora fa piangere gli alberghi. Nella settimana dall’11 al 18 giugno il monitoraggio realizzato da Confindustria Alberghi, che verifica lo stato del settore alberghiero in Italia, fa segnare un leggero incremento delle strutture aperte che comunque non arrivano ancora al 30% del totale.
Prezzi in discesa, soprattutto nelle città d’arte. La domanda turistica ancora molto debole, condiziona i prezzi, nettamente al ribasso in tutta Italia. Il fenomeno è particolarmente marcato nelle città d’arte dove la quasi totalità degli alberghi denuncia contrazioni di oltre il 10% dei prezzi medi praticati per giugno. Una situazione molto complessa per queste destinazioni che fino a qualche mese fa erano il motore del settore, condizionate dal blocco dei flussi internazionali che costituisce la componente di gran lunga maggioritaria delle presenze turistiche.
Alberghi ancora in attesa di turisti
Anche per luglio le città d’arte continuano ad essere la destinazione più sofferente con il 94,6% di strutture che stanno vendendo i soggiorni a prezzi più bassi rispetto al 2019 (addirittura il 78% con un prezzo inferiore di oltre il 10%, dato in “miglioramento”, se così si può dire, rispetto a giugno quando la percentuale di chi vendeva ad un prezzo più basso di oltre il 10% era di oltre l’83%).
Qualche spiraglio per le località di mare dove per il mese di luglio sono attese maggiori aperture e sul fronte dei prezzi, nel 50% dei casi, si registra una sostanziale stabilità rispetto al 2019, mentre nel 42% dei casi ad un prezzo più basso (di queste il 25% dichiara un prezzo inferiore di oltre il 10% rispetto a luglio 2019).
Tutto questo malgrado i costi aggiuntivi che le imprese devono sopportare per l’attivazione delle misure anti covid. Nel complesso si conferma un quadro particolarmente difficile che si riverbera anche sul fronte dell’occupazione. Le strutture, infatti, che pure hanno riaperto i battenti in queste settimane, vista la debolezza della domanda, hanno potuto richiamare in servizio solo parte dell’organico, non più del 70% dei lavoratori normalmente impiegati in questo periodo dell’anno.
Se nelle strutture ad apertura annuale si tratta di lavoratori che sono ancora sotto la copertura degli ammortizzatori sociali, per le strutture stagionali – tipicamente quelle leisure – la riduzione dell’organico si traduce in mancate riassunzioni.
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