Ci sono voluti 12 anni, ma alla fine non solo c’è un locale, per molti versi unico: una veranda di cristallo che sembra staccarsi dalla cima come un parapendio. C’è anche una filiera di agricoltori e allevatori di montagna che possono avere un futuro per i loro prodotti di nicchia, che si rifanno a tradizioni antiche e che in questo spazio, progettato per essere dentro e oltre la montagna, trovano la loro valorizzazione nelle preparazioni di una cucina che si basa solo su di loro. Cook the Mountain, il pensiero di Norbert Niederkofler, il tristellato altoatesino che sulla gastronomia locale (e sostenibile) ha costruito il suo percorso professionale, è ora una realtà. E la svolta l’ha segnata proprio AlpiNN, il locale in vetta al comprensorio del Plan de Corones (collegato al museo Lumen), dove si sperimenta una ristorazione autentica e che, come dice il cuoco un po’ profeta laico di una cucina etica, è «come quella che la gente ha fatto per secoli». Quindi niente caviale od ostriche qui, ma cipolle, orzotto, manzo (utilizzato in tutte le sue parti) e radici. Con l’aggiunta dei fermentati di cui Norbert è diventato uno dei guru in Italia.
Norbert Niederkofler
Ancora chiuso il St Hubertus dell’Hotel Rosalpina di san Cassiano (dove ha conquistato le 3 stelle e che riaprirà il 1° luglio), è ad AlpiNN, in una delle prime uscite uscite dopo il lockdown, che incontriamo lo chef montanaro in occasione della presentazione delle nuove bollicine Kettmeir che che adotta per il ristorante. È un po’ il suo rifugio e il pensatoio in cui intreccia sempre più il suo rapporto indissolubile con la montagna. Un ambiente dove peraltro, come ci dice ha trascorso in serenità il periodo di fermata obbligatoria…«So che è difficile dire una cosa così, ma sono rimasto molto contento perché finalmente avevo il tempo di vivere con la famiglia. Io ho cercato di fare poco, sono rimasto in contatto un po’ con amici in giro per il mondo che hanno lo stesso concetto, la stessa filosofia di vita anche in cucina. Ma ho preso un po’ di tempo anche per la famiglia: avendo due figli piccoli. C’è Thomas che ha nove anni, Maximilian che fa 2 anni adesso a settembre. Non c’era mai il momento di vivere veramente la famiglia così intensamente come in questo periodo. Dico grazie per questo. Però non ci possiamo nascondere che è veramente un momento molto difficile, molto impegnativo, con tanti punti di domanda soprattutto per il futuro e soprattutto per tutto il mondo della gastronomia. Come si evolverà? Come sarà da cambiare? Quali passi avremo da fare?».
AlpiNN, il tempio laico della Cucina di montagna
Tu da tempo hai fatto la scelta per la sostenibilità, che è uno dei temi che oggi sono di maggiore attualità. Hai fatto qualche riflessione in più? Ci sono nuovi progetti? Il tuo progetto di cucina sostenibile è ormai una realtà concreta
Noi vogliamo andare soprattutto avanti col progetto di Cooked the Mountain, che come sai nasce in tempi non sospetti, nel 2008. E devo dire che era un grandissimo lavoro, soprattutto all’inizio. Ci servivano 6-7 anni per costruire una filiera di produttori. Oggi lavoriamo circa con 30-40 produttori, anche 50 produttori tutti del territorio, li conosciamo tutti quanti e lavoriamo soprattutto senza interlocutori. Andiamo da loro, sentiamo le problematiche direttamente, vediamo i successi direttamente. Lavorano senza serre e con sistemi molto naturali. Questa è una cosa molto bella. Questa esperienza noi la mettiamo anche a disposizione di chi è interessato. Non è che ce lo teniamo per noi segreto. A tutti quelli che ci chiedono diamo le informazioni, giriamo i contatti dei produttori.
La cucina di AlpiNN
Un modo di fare rete autentica…
L’ho sempre detto anche ai miei produttori: guardate, non fidatevi solo di noi perché se succede qualcosa voi dovete andare avanti. E tutti i produttori sono andati avanti bene. Ci ha dato anche una mano un po’ la natura, perché in primavera la crescita era un po’ indietro. Ciò che conta è che loro avevano creato già una filiera di locali, di consumatori privati e praticamente quello che è stato seminato sono riusciti soprattutto a venderlo come raccolto, il che è molto importante.
Norbert Niederkofler: Insalatina di erbette, caprino, noci e dressing ai lamponi
Dall’alto della tua montagna a filiera corta, come valuti invece lo stato di salute della ristorazione? Cosa pensi di molti tuoi colleghi che magari non hanno ancora riaperto o hanno difficoltà a raccordarsi con i cambiamenti che il distanziamento impone anche in cucina?
Io penso che dobbiamo imparare ancora tanto. Dobbiamo vedere ancora tanto. Io penso che per tutti quanti, anche per quelli che hanno aperto, ogni giorno ci sono delle domande nuove, ci sono delle cose che devi vedere, che devi rimettere a posto. Sarà un periodo ancora abbastanza lungo di ricerca, di risistemare, riordinare, rimettere a posto. Ci saranno ancora degli anni molto impegnativi, molto difficili, per tutti quanti noi.
Norbert Niederkofler: Cipolla, cipolla e Sasso Nero
Ci saranno modifiche nelle tecniche di cucina? Non ci si è spinti un po’ oltre rischiando di rendere le materie prime troppo omologate?
Noi cerchiamo di lavorare su prodotti il più possibile naturali e della nostra terra e ciò ci impone il massimo rispetto delle loro caratteristiche. In più abbiamo eliminato tecniche come la cottura sottovuoto, per esempio, perché richiede l’uso della plastica. Lavoriamo molto sulla conservazione e questo trova molto interesse fra i giovani, anche nella mia squadra.
Del resto hai dimostrato che anche così si possono ottenere 3 stelle Michelin … Ma, detto della cucina, secondo te anche nel servizio di certi ristoranti bisognerà cambiare qualcosa?
Ma sai, non si capiscono ancora bene le regole, bisogna vedere anche il futuro cosa ci porta. Si parla sempre della seconda ondata. Però penso che generalmente dovremmo ricordarci molto di più di quello che abbiamo, di quello che abbiamo in casa. Per me l’Italia è il Paese più avvantaggiato al mondo perché c’è una cultura pazzesca. Se noi ci ricordiamo dei nostri valori, senza portare in giro i prodotti, senza portarli da destra e sinistra; se ci fermiamo sui nostri prodotti riusciremo a fare un grandissimo lavoro e soprattutto a dare una visione ai giovani.
Immagini un progetto di recupero di tradizioni ed identità dopo troppe mode estere?
Quello che è molto importante è mantenere la nostra cultura, non solo gastronomica, ma molto di più. Questo secondo me è oggi un passo da fare e sarà sempre più da fare. Anche per questo tutto quello che avremo fatto lo metteremo a disposizione. Se c’è qualcuno che ha domande, noi diamo delle risposte.
Norbert Niederkofler: Orzotto all’aglio ursino, polvere di mazno e acetosa di campo
Quanto pesa nella tua visione la crescente tendenza verso scelte vegetariane, vegane o comunque con molta meno carne?
È una tendenza obbligatoria. I nostri vecchi l’hanno sempre praticata. Quando ero bambino si mangiava la carne due volte la settimana. La prima era la domenica e allora la si cucinava. Poi in settimana si riutilizzavano gli avanzi. Usare anche gli scarti è una forma di rispetto per il prodotto e per chi l’ha fatto, per gli animali, eccetera. Io seguo questa strada nel mio ristorante. E poi in montagna la dieta è per lo più obbligatoriamente a base di vegetali. Durante l’anno arrivo ad usare fino 500 varietà fra ortaggi e frutta diverse. E grazie a varie tecniche di conservazioni arriviamo ad avere fino al 90% di sostenibilità.
Questa tua idea di cucina a breve la proporrai anche in un libro.
Si, Cook the Mountain diventa anche un libro. A ottobre, per la Fiera del Libro di Francoforte presenteremo tre edizioni: in italiano, in inglese, in tedesco. Racconterà storie di prodotti e di produttori scritte da mia moglie Christine, conterrà 400 foto e sarà stampato su carta-mela, ottenuta interamente dagli scarti delle mele, così come la copertina, in pelle-mela.
A Cook the Mountain partecipa anche Paolo Ferretti, col quale hai ideato Care’s, sui temi dell’etica in cucina. Il Covid-19 ha fatto saltare l’evento di marzo, lo hai riprogrammato per fine settembre. Cosa prevede?
Sarà incentrato sui cuochi italiani e alcuni in collegamento dall’estero con Zoom. Ogni sera sarà dedicata ad uno chef internazionale (presente però in streaming) e la sua ricetta la eseguirà, qui, da un sous chef. Dobbiamo ripartire dall’Italia, incoraggiare i giovani perché creino progetti sostenibili.
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